Da un mesetto è molto di moda parlare di carica virale del SARSCoV2, spesso associandola a concetti non proprio corretti.
Cerchiamo assieme di fare un po’ di chiarezza analizzando i vari lavori pubblicati dalla Letteratura scientifica.
Innanzitutto, cos’è la carica virale? Come si misura?
Per carica virale si intende la concentrazione di virus presente o nel sangue o, come nel caso del SARSCoV2, sulle mucose.
Nella pratica clinica, attraverso gli ormai famosi tamponi, si va a cercare la presenza di alcuni frammenti di materiale genetico del virus e l’esame può darci 3 risultati: negativo, debolmente positivo, positivo.
Per calcolare la carica virale bisogna utilizzare delle metodiche più complesse che, per ora, vengono riservate esclusivamente alla ricerca.
Il materiale genetico viene amplificato fino a quando la macchina non sia in grado di rilevare alcuni geni virali, più cicli di amplificazione sono necessari per rilevarli e meno virus era presente in partenza.
Dal punto di vista scientifico è molto importante studiare la carica virale presente sulle mucose, anche per avere un’idea della contagiosità dei soggetti: più virus c’è sulle mucose è più facilmente si è contagiosi
La carica virale è indice di contagiosità?
Questa è un’assunzione ragionevole valida per altre malattie infettive ma di difficile dimostrazione.
Ci hanno provato alcuni ricercatori canadesi pubblicando il loro lavoro a maggio su Clinical Infectious Diseases(1).
La loro idea è stata: se riesco a coltivare in vitro il virus partendo dal tampone vuol dire che il virus è vitale, potenzialmente infettante.
La coltura virale a differenza di quella batterica è molto più complessa e ci si aspetta dei fallimenti anche in presenza di virus abbondante e vitale.
Partendo da 90 tamponi positivi sono riusciti a coltivare il virus in 26 casi. La cosa interessante è che è stata notata una correlazione significativa tra la carica virale e la probabilità di avere una coltura positiva.
“Multivariate logistic regression using positive culture as a predictor variable (binary result) and STT, age and gender as independent variables showed Ct as being significant (OR 0.64 95% CI 0.49-0.84, p<0.001). This implies that for every one unit increase in Ct, the odds of a positive culture decreased by 32%.>< 0.001) This implies that for every one unit increase in Ct, the odds of a positive culture decreased by 32%.” (per cicli di replicazioni più bassi ci si aspetta una carica virale più alta)
Qual è la carica virale degli asintomatici?
Il 19 febbraio, almeno 2 giorni prima che alcun Italiano potesse vantarsi di essere esperto di COVID, veniva pubblicata una lettera agli editori sul New England Journal of Medicine(2), nella quale un gruppo di ricercatori cinesi ha descritto la carica virale di 17 soggetti infetti ed ha concluso:
“The viral load that was detected in the asymptomatic patient was similar to that in the symptomatic patients, which suggests the transmission potential of asymptomatic or minimally symptomatic patients”
Sì, avete capito bene, il 19 febbraio i medici cinesi avvisavano il mondo che i pazienti asintomatici o con pochi sintomi potevano avere una carica virale sulle mucose simile ai sintomatici e che quindi potevano essere altrettanto contagiosi.
Messaggio chiarissimo, pubblicato gratuitamente il 19 febbraio su una delle più prestigiose riviste scientifiche.
Era una lettera agli editori, non un vero e proprio studio. Da prendere in considerazione ma sempre con un ragionevole dubbio.
Ad inizio aprile vengono divulgati i risultati degli studi del gruppo del prof Crisanti sulla gestione del focolaio di Vo’ Euganeo.
Nel loro lavoro vengono identificati il 42,5% di asintomatici.
E’ stata studiata la carica virale di 23 soggetti asintomatici, 3 soggetti pre-sintomatici (in incubazione) e di 30 soggetti sintomatici.
Le loro conclusioni sono state:
“We found no statistically significant difference in the viral load of symptomatic versus asymptomatic infections”.
Un’altra conferma dura da digerire. Ad aprile questo era “solo” un articolo in pre-print, non vagliato dalla comunità scientifica, potenzialmente pieno di errori. Purtroppo per l’epidemia, per fortuna per la scienza, errori non ne hanno trovati e dopo 2 mesi di review è stato pubblicato oggi, 30 giugno, su un’altra rivista importantissima: Nature(3).
Non basta, il 18 giugno viene pubblicato su Nature Medicine(4) un altro articolo scritto da colleghi cinesi in cui sono stati valutati 37 pazienti asintomatici e 37 sintomatici.
I loro risultati confermano quanto visto precedentemente:
“The initial Ct values for 37 asymptomatic individuals and 37 symptomatic patients appeared similar”
Inoltre viene descritto un tempo maggiore di eliminazione del virus negli asintomatici rispetto ai sintomatici. Altro bel colpo per chi cerca di controllare questa epidemia.
Sembra che gli asintomatici abbiano la stessa carica virale dei sintomatici ma che perduri più a lungo.
Fino ad adesso sono stati valutati pazienti sintomatici ma non gravi.
Qual è la carica virale nelle forme gravi?
Qui il discorso cambia. Il 19/3 viene pubblicata una lettera agli editori di Lancet Infectious Disease(5) nella quale viene descritta la carica virale di 46 pazienti sintomatici con forme lievi e 30 con forme gravi.
“patients with severe COVID-19 tend to have a high viral load and a long virus shedding period.”
Quindi le forme gravi hanno una carica virale maggiore e che dura più a lungo.
Uno studio su 92 pazienti(6) ha descritto una maggiore carica virale nelle forme severe rispetto a quelle moderate:
“severe patients had significantly lower Ct values than mild-moderate cases at admission” (un basso numero di cicli di replicazione, Ct, suggerisce un’alta carica virale)
Un altro studio più sistematico, condotto su 308 pazienti ospedalizzati(7) ha riscontrato una carica virale sensibilmente maggiore nei pazienti critici rispetto agli altri pazienti:
“Critical patients had the highest viral loads, in contrast to the general patients showing the lowest viral loads”
Come cambia la carica virale nel tempo?
Su questo punto sembra esserci un andamento simile tra le varie forme di malattia (sintomatici, asintomatici, forme intermedie e gravi): la carica virale è massima all’inizio e decade con il tempo (3,5,7).
“We find that the viral load tends to peak around the day of symptom onset and for most of the subjects tends to decline after symptom onset (Vo’)” (3)
Si può ricavare un altro dato interessante valutando l’andamento della carica virale nei pazienti che hanno o non hanno sviluppato le immunoglobuline(8).
Le immunoglobuline vengono prodotte dopo 7-10 giorni dal contagio e rappresentano una risposta del nostro sistema immunitario.
I ricercatori hanno evidenziato come ci sia un progressivo calo della carica virale nei pazienti non gravi in cui sono presenti le immunoglobuline mentre nei pazienti che non hanno ancora sviluppato le immunoglobuline la carica virale continua a crescere.
“Among IgM positive patients, viral loads showed different trends among cases with different severity, while viral loads of IgM-negative patients tended to increase along with the time after onset.”
La carica virale è un indice di gravità della malattia?
Abbiamo visto che le forme più gravi hanno una carica virale maggiore, è anche ragionevole chiedersi se ad una carica virale maggiore all’esordio corrisponda un peggior decorso.
Già ad aprile i colleghi cinesi(6) avevano descritto che i pazienti con cariche virali maggiori all’esordio sviluppavano una malattia più grave.
“patients with a higher baseline viral load are more likely to become severe”.
E’ stato appena pubblicato uno studio molto completo, condotto dai colleghi di New York(9): è stata verificata la carica virale all’esordio di ben 678 pazienti ricoverati in 2 grandi ospedali della Grande Mela.
Hanno diviso i tamponi in 3 gruppi sulla base della carica virale e hanno valutato la probabilità di essere intubati e la mortalità.
“In a multivariate model […], having a high viral load was independently associated with increased risk of in-hospital mortality (adjusted odds ratio [aOR] 6.05; 95% CI: 2.92-12.52; P<0.001) compared to having a low viral load”
“Compared to those with a low viral load, having a high viral load was also independently associated with increased risk of intubation (aOR 2.73; 95% CI: 1.68-4.44; P<0.001)”
Quindi chi ha una bassa carica virale ha minore probabilità di essere intubato e di morire.
Ho trovato questo articolo molto interessato e mi sembra corretto spendere qualche parola in più su alcuni dati che emergono.
“Of the 49 patients who had a positive SARS-CoV-2 test but were discharged from the ED and not admitted, the median Ct value was 29.1” (ED: emergency department)
I 49 pazienti dimessi dal pronto soccorso (quindi verosimilmente con forme lievi) avevano una carica virale media che rientrava nella classe intermedia.
Altra importante considerazione: dei 727 (678 + 49) pazienti sottoposti a tampone in pronto soccorso solo il 7% è stato dimesso.
New York ha vissuto lo stesso dramma di tanti grandi ospedali lombardi: chi riusciva ad arrivare in ospedale è perché aveva bisogno di un letto.
Anche per quanto riguarda la mortalità complessiva hanno avuto dati simili ai nostri:
“19.2% of patients had died during their admission”
Scusate l’excursus, torniamo all’argomento.
Veniamo quindi alla fatidica domanda: la carica virale in Italia è cambiata?
Il 29/5 è stato inviato alla rivista Clinical Chemistry and Laboratory Medicine il lavoro del gruppo del San Raffaele di Milano(10), non ancora pubblicato ma già sottoposto a peer review e accettato il 4/6 (disponibile su Reserchgate)
In questo lavoro sono stati valutati 100 tamponi effettuati tra il 7 e 10 aprile e 100 tamponi effettuati tra il 12 e 19 maggio.
I gruppi erano omogenei per quanto riguarda sesso, età e percentuale di pazienti ospedalizzati (12 vs 14%).
I tamponi effettuati a maggio presentavano una carica virale significativamente più bassa di quelli effettuati ad aprile.
Dagli altri articoli abbiamo visto che i principali fattori che influenzano la carica virale media di un gruppo di soggetti sono la quota di pazienti gravi e la distanza tra sintomi/contagio ed il tampone.
Purtroppo questi dati non sono stati esplicitati nello studio e, a mio parere, non consente un’analisi completa, soprattutto considerando come sia cambiato l’utilizzo dei tamponi in Italia nell’epidemia: a marzo in Lombardia venivano fatti tamponi quasi esclusivamente ai pazienti per cui si stesse valutando il ricovero, adesso si fa un uso estensivo dei tamponi ed emergono tanti asintomatici. Inoltre proprio da maggio è stato fatto un uso massiccio dei sierologici iniziando dai soggetti sottoposti a quarantena e dai sanitari, evidenziando tanti positivi studiati con tampone, la cui positività era indice di un’infezione di almeno 7-10 giorni.
Conclusioni:
-la carica virale è un indice di contagiosità
-gli asintomatici hanno una carica virale simile ai sintomatici non gravi.
-nelle forme gravi si osserva una carica virale significativamente maggiore
-la carica virale è massima nei primi giorni e decade con il tempo, soprattutto nei pazienti nei quali sono presenti le Ig
-cariche virali elevate all’esordio sono caratterizzate da una prognosi peggiore
NB
-In termini medici gli asintomatici sono i soggetti infetti che non hanno mai nessun sintomo.
-Carica virale e carica infettante sono 2 concetti differenti: la carica virale è la quantità di virus presente sulle mucose, di cui ho parlato in questo post; la carica infettante è la quantità di virus con cui un soggetto viene infettato. Non è ancora stato chiarito se ad una bassa carica infettante corrisponda davvero una patologia di minore gravità, è possibile ma non è stato ancora dimostrato e comunque non è certo.
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1. Bullard J, Dust K, Funk D, Strong JE, Alexander D, Garnett L, et al. Predicting infectious SARS-CoV-2 from diagnostic samples. Clin Infect Dis [Internet]. 2020 May 22; Available from: https://academic.oup.com/cid/advance-article/doi/10.1093/cid/ciaa638/5842165
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2. Zou L, Ruan F, Huang M, Liang L, Huang H, Hong Z, et al. SARS-CoV-2 viral load in upper respiratory specimens of infected patients [Internet]. Vol. 382, New England Journal of Medicine. Massachussetts Medical Society; 2020 [cited 2020 Apr 22]. p. 1177–9. Available from: http://www.nejm.org/doi/10.1056/NEJMc2001737
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3. Lavezzo E, Franchin E, Ciavarella C, Cuomo-Dannenburg G, Barzon L, Del Vecchio C, et al. Suppression of a SARS-CoV-2 outbreak in the Italian municipality of Vo’. Nature [Internet]. 2020 Jun 30; Available from: http://www.nature.com/articles/s41586-020-2488-1
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4. Long Q-X, Tang X-J, Shi Q-L, Li Q, Deng H-J, Yuan J, et al. Clinical and immunological assessment of asymptomatic SARS-CoV-2 infections. Nat Med [Internet]. 2020 Jun 18; Available from: http://www.nature.com/articles/s41591-020-0965-6
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5. Liu Y, Yan L-M, Wan L, Xiang T-X, Le A, Liu J-M, et al. Viral dynamics in mild and severe cases of COVID-19. Lancet Infect Dis [Internet]. 2020 Mar 19; Available from: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/32199493
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6. Yu X, Sun S, Shi Y, Wang H, Zhao R, Sheng J. SARS-CoV-2 viral load in sputum correlates with risk of COVID-19 progression. Crit Care [Internet]. 2020 Dec 23;24(1):170. Available from: https://ccforum.biomedcentral.com/articles/10.1186/s13054-020-02893-8
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7. Huang J-T, Ran R-X, Lv Z-H, Feng L-N, Ran C-Y, Tong Y-Q, et al. Chronological Changes of Viral Shedding in Adult Inpatients with COVID-19 in Wuhan, China. Clin Infect Dis [Internet]. 2020 May 23; Available from: https://academic.oup.com/cid/advance-article/doi/10.1093/cid/ciaa631/5843466
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8. Shi F, Wu T, Zhu X, Ge Y, Zeng X, Chi Y, et al. Association of viral load with serum biomakers among COVID-19 cases. Virology [Internet]. 2020 Jul;546:122–6. Available from: https://linkinghub.elsevier.com/retrieve/pii/S0042682220300787
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9. Magleby R, Westblade LF, Trzebucki A, Simon MS, Rajan M, Park J, et al. Impact of SARS-CoV-2 Viral Load on Risk of Intubation and Mortality Among Hospitalized Patients with Coronavirus Disease 2019. Clin Infect Dis [Internet]. 2020 Jun 30; Available from: https://academic.oup.com/cid/advance-article/doi/10.1093/cid/ciaa851/5865363
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10. Clementi N, Ferrarese R, Tonelli M, Amato V, Racca S, Locatelli M, et al. Lower nasopharyngeal viral load during the latest phase of COVID-19 pandemic in a Northern Italy University Hospital. Clin Chem Lab Med. 2020;