La covid é una malattia balorda. Fa tutto e il contrario di tutto e non siamo completamente in grado di capirne il motivo e di prevederne il decorso.
Si passa da forme assolutamente asintomatiche o molto simili a un blando raffreddore, a casi che vanno in grave insufficienza respiratoria dopo 1-2 giorni di tosse e febbre, passando da dolori muscolari, gocciolamento nasale, diarrea, tosse, febbre, stanchezza, assenza dell’olfatto, instabilità …
I più anziani e fragili sono più a rischio di sviluppare forme gravi, ciò non toglie che ci sono anche forme lievissime in novantenni, così come raramente si vedono forme bruttissime in ventenni.
Tutto il mondo sta lavorando e sta cercando e testando terapie sia specifiche, ossia dirette contro il virus, che di supporto, ossia dirette a migliorare la sopravvivenza del paziente in attesa della risposta del suo sistema immunitario.
Le uniche terapie specifiche attualmente conosciute sono gli anticorpi monoclonali, più efficaci se somministrati in associazione (cocktail). https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/nejme2034495
Questi farmaci sono però molto costosi, vanno somministrati necessariamente in ospedale (ambulatorialmente) e funzionano molto bene solo poco dopo l’esordio dei sintomi. Fattori che ne rendono impossibile un utilizzo estensivo.
Per quanto riguarda le terapie di supporto, i più grandi progressi sono stati fatti a livello ospedaliero.
Sono migliorate le tecniche di assistenza respiratoria, si é chiarita l’importanza del cortisone e dell’eparina. https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa2021436 https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMe2111151
Le sperimentazioni vanno avanti e si continuano a fare piccoli passi avanti ogni giorno.
Per quanto riguarda le terapie domiciliari purtroppo i passi avanti sono stati pochi.
Ci sono interessanti lavori su un tipo di cortisone per via inalatoria (non in compresse), il budesonide, e uno studio promettente sulla colchicina.
https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(21)01744-X/fulltext https://www.thelancet.com/journals/lanres/article/PIIS2213-2600(21)00160-0/fulltext https://www.thelancet.com/journals/lanres/article/PIIS2213-2600(21)00222-8/fulltext Lavori interessanti ma non conclusivi e che presentano risultati incoraggianti ma non in grado di stravolgere l’esito dell’infezione.
Questi scarsi risultati in parte sono legati al fatto che sia più difficile impostare studi al di fuori degli ospedali e in parte al fatto che molti studi, purtroppo, hanno chiarito la non efficacia di alcuni farmaci al domicilio o nelle prime fasi della malattia.
L’idrossiclorochina si é dimostrata non efficace sia in prevenzione che in fase precoce
https://academic.oup.com/cid/article/72/11/e835/5929230
https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/nejmoa2016638
https://www.acpjournals.org/doi/10.7326/m20-4207
Gli steroidi (cortisonici) potrebbero aggravare la malattia se assunti nelle forme senza desaturazione (tipologia di pazienti che, salvo congestione degli ospedali, meriterebbe il ricovero).
https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa2021436
https://www.medrxiv.org/con…/10.1101/2021.07.06.21259982v1
L’assunzione degli antinfiammatori non steroidei prima del ricovero non sembra stravolgere il decorso della malattia.
https://www.thelancet.com/…/PIIS2665-9913(21…/fulltext
https://www.nature.com/articles/s41598-021-84539-5
(A meno di non fare forzati confronti con pazienti della prima ondata quando la diagnosi era riservata ai pazienti più gravi https://www.thelancet.com/journals/lanrhe/article/PIIS2665-9913(21)00104-1/fulltext )
Gli antibiotici servono a poco. Le sovrainfezioni batteriche si vedono in meno del 10% dei pazienti al momento del ricovero (quelli più gravi e più a rischio) https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC8101968 e i pazienti gravi sono circa il 7% degli infetti. Quindi non é molto utile dare antibiotici a tutti se poi le infezioni batteriche si hanno nello 0,7% e solo nei pazienti più compromessi.
In particolare l’azitromicina (che ha anche un effetto antinfiammatorio) si é dimostrata non utile. https://jamanetwork.com/journals/jama/fullarticle/2782166
https://www.thelancet.com/article/S0140-6736(21)00461-X/fulltext
Ci sono ancora molti interrogativi aperti e sono in corso molto studi per provare a dare altre risposte.
In attesa dei risultati sembra che il miglior atteggiamento sia quello di stratificare il rischio dei pazienti.
Su quelli più giovani e in buona salute, a basso rischio, ci si può limitare a farmaci sintomatici (paracetamolo o antinfiammatori) e ad uno stretto monitoraggio. Questo tipo di pazienti guarisce spontaneamente in oltre il 98% dei casi, il loro sistema immunitario riesce autonomamente a sconfiggere la malattia.
Bisogna comunque stare attenti ad un eventuale peggioramento di quel 2% che potrebbe andare male nonostante età e salute.
Sui pazienti più anziani e/o con comorbilità bisogna tenere alto il livello di attenzione, assicurarsi che le loro malattie di base non si scompensino e valutare attentamente altri farmaci, ponderando sempre il rischio-beneficio.
Diffidate di chi promette cure miracolose, di chi descrive zero ricoveri, zero decessi e ricordatevi che il pubblico dei gruppi facebook é ben diverso dalla media dei cittadini italiani. Difficilmente su facebook troverete l’80enne con problemi di salute. Avere un gruppo di pazienti mediamente giovani e in buona salute vuol dire automaticamente avere migliori risultati, indipendentemente dalla terapia.